Tra i binari, Mazzucotelli: “Smentiamo alcuni luoghi comuni e frasi fatte su Servizio Ferroviario Regionale e TPL”

Molti luoghi comuni sul tema, seppure falsi almeno in parte, imprecisi o inesaustivi sono utilizzati con successo in modo esplicito, o sottintesi, da una grossa fetta dell’opinione pubblica e conseguentemente della classe politica. Smentirli non è banale poiché affondano le loro radici nella scarsa conoscenza o nell’indifferenza nei confronti della tematica, già di per sé complessa, da parte della maggioranza assoluta dei cittadini, anche loro malgrado (la conferma e la conservazione di un sistema pubblico incompleto o malfunzionante per tutelare interessi particolari va a discapito di tutti, che se ne sia consapevoli oppure no).
Con questo piccolo breviario (di cui l’articolo odierno costituisce la terza e, per ora, ultima parte) cerchiamo quindi oggi di smentire o almeno completare e precisare qualcuno di essi.
Il ritardo e i disservizi sono colpa dell’utenza – Il cliente ha sempre torto
Il treno è troppo pieno e fa ritardo alle fermate? Colpa dell’utenza eccessiva e dei corrieri con mezzo a due ruote. Una direttrice ferroviaria o automobilistica non viene potenziata, anzi ridotta? Colpa dell’utenza troppo scarsa. I sistemi automatici di annuncio delle fermate, nel 2023, non funzionano correttamente? Le mappe a bordo sono assenti oppure sono fondi di magazzino del 2012? Se si perde o si sbaglia la fermata, è colpa dell’utenza sempre distratta che non guarda fuori dal finestrino. D’altra parte “il pendolare lo sa dove deve scendere”. L’autobus salta la fermata? Colpa dell’utenza che non manifesta in modo abbastanza chiaro e con sufficiente anticipo la volontà di salire o scendere. L’Impresa Ferroviaria non completa la gestione di alcune transazioni elettroniche? È colpa dell’utenza se non si sbriga a ripetere il pagamento quasi un anno dopo. Una biglietteria sbaglia a vendere un biglietto? Le obliteratrici hanno l’orario sbagliato e invalidano il titolo di viaggio? È colpa dell’utenza mai attenta a verificare l’operato dell’Impresa Ferroviaria, e quindi si paga il sovrapprezzo o la multa.
Che quasi tutte le aziende di trasporto operanti in Italia manifestino questa spiccata propensione commerciale verso la propria clientela è assolutamente coerente con la più volte lamentata crisi del settore. Se ci si comporta in ogni modo possibile per respingere utenza nuova e occasionale (che paga un prezzo unitario molto maggiore e offre un margine molto maggiore rispetto agli abbonati, “studenti e pendolari”) gli equilibri economici del servizio potrebbero persino risentirne.
D’altra parte chi governa il Trasporto Pubblico Locale sembra essersi convinto che vi sia una crisi di domanda (“non ci sono i flussi”, e quindi colpa dell’utenza), e non piuttosto una crisi qualitativa e quantitativa di offerta (colpa dell’Ente “distratto” e dei contratti obsoleti, che nei fatti proteggono le ditte), che tende ad azzerare i flussi potenziali e invita i cittadini a insistere con la svantaggiosa e sempre meno sostenibile mobilità motorizzata privata. Finché la gente ci crederà, continuerà a essere così. A noi, per il momento, resta solo da fare un appello alla coscienza di ciascuno, Cittadino, Amministratore o Professionista che sia.
Gli autobus urbani ed extraurbani e gli impianti a fune non sono gestiti da Regione Lombardia ma dalle Agenzie, quindi la Regione non ha alcuna responsabilità in merito al loro funzionamento
La diretta gestione amministrativa dei servizi di Trasporto Pubblico Locale non ferroviario compete alle Agenzie TPL. Ma anche questa volta non finisce qui.
Regione Lombardia rimane inderogabile e ultimo responsabile politico del quadro regolatorio a cui le Agenzie devono attenersi nell’ambito della propria gestione amministrativa, a partire dallo Statuto e fino all’approvazione dei Sistemi Tariffari Integrati Bacini di Mobilità, alle scadenze per i nuovi affidamenti e alla durata degli stessi.
Inoltre, Regione Lombardia detiene direttamente il 10% delle quote di tutte le Agenzie TPL ed è quindi un potenziale contribuente delle stesse insieme agli altri soci rappresentati in Assemblea (principalmente le Province e i Comuni Capoluogo). È opportuno ricordare, per inciso, che le Agenzie TPL operano esclusivamente utilizzando i trasferimenti ricevuti dai propri soci.
Infine, ogni qualvolta nell’Assemblea di un’Agenzia TPL risulti una maggioranza fedele a Regione Lombardia, è sostanzialmente automatico che la direzione politica di quella specifica Agenzia sia allineata a quella della Regione stessa e che quindi la Regione non “subisca” scelte amministrative altrui – per quel margine residuo che la Regione stessa ammette – bensì vi contribuisca in modo decisivo.
Questa situazione si verificava nell’Agenzia TPL Como-Lecco-Varese a inizio 2023, allorché il Presidente uscente della Provincia di Varese, pochi giorni prima del termine del proprio mandato, si avvaleva di una maggioranza siffatta per insediare un Consiglio di Amministrazione a sua volta fedele alla Regione, successivamente sfiduciato, nei fatti e nel voto, alla prima Assemblea successiva, con un nuovo e diverso Presidente di Provincia e con una nuova e diversa maggioranza risultante anche in Agenzia TPL.
L’obbligo di automobili a zero emissioni previsto nel 2035 danneggia la mobilità dei cittadini
Per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, l’Unione Europea sta adottando misure per ridurre le emissioni delle automobili, poiché il trasporto su strada rappresenta un quinto delle emissioni di CO2 dell’UE. Nel giugno 2022 il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione per auto e furgoni nuovi a emissioni zero entro il 2035.
Si tratta di obiettivi che hanno fatto storcere il naso ad alcune parti dell’opinione pubblica, in particolare quelle più scettiche nei confronti dei cambiamenti climatici e della mobilità sostenibile.
Prima di discutere oltre, è corretto precisare che non vi sarà obbligo di automobili elettriche e che la misura non riguarderà veicoli già in circolazione, ma solo le nuove produzioni.
Vediamo alcuni dati: il consumo annuale di carburanti per autotrazione in Italia nel 2022 si attesta a circa 30 milioni di tonnellate, ossia 1 320 000 TJ/anno, di cui 264 000 TJ/anno effettivamente messi a terra (rendimento stimato 20%).
Per la completa conversione ad automobili elettriche (rendimento stimato 50%), risultano richiesti 528 000 TJ/anno, ossia mediamente 17 GW, mentre l’intero consumo elettrico nazionale risulta circa 30 GW di cui il 50% rinnovabile.
Per la produzione di 30 milioni di tonnellate di biocarburanti, occorrerebbero, nel caso migliore (10 tonnellate / ettaro) coltivazioni, in conflitto con quelle alimentari e con ogni altra attività, nell’ordine dei 30 mila chilometri quadrati (mentre la Pianura Padana, intera, si estende per 48 mila chilometri quadrati).
Per la produzione di 30 milioni di tonnellate di e-fuel (carburanti sintetici prodotti da Idrogeno e Anidride Carbonica utilizzando elettricità rinnovabile), con rendimento energetico di processo 40%, occorrono invece 3 300 000 TJ/anno pari a mediamente 100 GW. L’attuale dotazione di impianti industriali produce 330 000 tonnellate/anno a livello mondiale (un centesimo di quella che sarebbe la sola richiesta italiana).
Dai dati emerge in modo chiaro che la tecnologia puramente elettrica è l’unica industrialmente sostenibile per completare la transizione, anche se sarà comunque necessario un grande sforzo per almeno raddoppiare la produzione di elettricità rinnovabile nei prossimi 12 anni e occorrerà affrontare alcune note difficoltà di natura tecnologica e geopolitica nella produzione e nel recupero delle batterie.
In conclusione, due importanti considerazioni trasportistiche.
La prima è che esiste un grande dibattito sul motore, ma la scarsa sostenibilità dell’utilizzo intensivo dell’automobile non è legata solamente all’energia utilizzata e al tipo di trazione, bensì anche al consumo di suolo che sottrae spazio alla vita delle persone e danneggia l’ambiente, che è esattamente il medesimo anche con utilizzo di energia carbonio-neutrale.
La seconda considerazione è che l’impegno necessario a reperire e gestire quei 17 GW aggiuntivi di elettricità rinnovabile può essere ridotto, idealmente annullato, procedendo in parallelo alla diversione dei flussi dalla mobilità motorizzata privata al Trasporto Pubblico Locale e alla mobilità ciclistica, che però devono essere adeguatamente attrezzati e attrattivi (ricordiamo che “non ci sono i flussi”).
La sostituzione del motore a combustione con il motore elettrico, in un contesto trasportistico immutato, serve a tutelare il mercato dell’automobile, e non i cittadini, o l’ambiente.
Come in tanti casi, “la” soluzione non esiste ma esiste l’opportunità di un approccio integrato per affrontare il problema da più lati. E, come in tanti casi, la classe dirigente non manca di deludere le aspettative, oscillando tra ipotesi con scarse prospettive di realizzabilità e un puro e semplice contrasto al cambiamento, spacciato ipocritamente per prammatismo di buon senso.