“2000 battute”: l’antica chiesa di San Solutore: ne è rimasta l’impronta (parte 2)
Come rilevò San Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale, nel 1569 si celebrava ancora la Messa nella Chiesa di San Solutore, anche se ciò accadeva assai di rado, più partecipate dai devoti erano le celebrazioni per la ricorrenza di San Sebastiano (20 gennaio).
Anche Luigi Sampietro, come riporta Padre Sevesi, registrò nel 1651 alcune notizie riguardanti la chiesa: San Solutore possedeva 27 pertiche di terra (mq 18.000 circa), era amministrata dal Santuario di Nostra Signora dei Miracoli già prima del 1557, vi si manteneva un romito, che raccoglieva le offerte per la messa festiva degli abitanti della Colombara (per la quale dallo stesso Santuario veniva inviato un sacerdote), si sostenevano le spese per il decoro dell’edificio sacro.
“San Carlo, zelantissimo del culto delle chiese, […], ordinò di restaurare l’altare, le finestre, le pareti, il pavimento e il soffitto, e di tenere chiusa a chiave la chiesa, perché non divenisse ricetto dei criminosi. Si ricordi la legge di immunità dei luoghi sacri, che era in pieno vigore” (Padre Paolo Maria Sevesi, Chiese di Saronno antiche e nuove, 1932).
Il beneficio di San Solutore passò dal Santuario di Saronno ad Antonio Bosisio, cancelliere di Balerna, quindi il Cardinale Federico Borromeo nel 1611 affidò San Solutore e i terreni di proprietà alla Collegiata di Arona.
Nel 1629 il prevosto di Nerviano, della cui pieve Saronno faceva parte, visitò la chiesa e stabilì che “San Solutore venga demolito quanto prima, perché non si tramuti in asilo o luogo di ricetto di gente scellerata a commettere in essa delitti. Tutto il materiale si trasporti per uso esclusivo della chiesa parrocchiale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e nessuno ne sottragga, come finora si è fatto” (Padre Paolo Maria Sevesi, Chiese di Saronno antiche e nuove, 1932). La demolizione ebbe luogo nel 1633, il materiale di recupero fu utilizzato per costruire la nuova abside della chiesa parrocchiale. La casetta adiacente a San Solutore era stata già demolita nel 1621.
Fin qui le notizie “ufficiali”. Nel Catasto Teresiano o “di Carlo VI” (1722), i terreni dove sorgeva la chiesa e quelli di pertinenza (mappali 810, 825 e 826 del foglio XVIII) erano registrati di proprietà dei ”Reverendi Canonici di Arona”.
Cambiata la proprietà delle aree tramite compravendita, è molto probabile che alla fine del XIX secolo furono riutilizzate le “povere” fondamenta dell’antica chiesa di San Solutore per edificare il fabbricato d’abitazione con rustici ancora esistente nei pressi della stazione di Saronno Sud: le dimensioni in pianta ricalcano, abbastanza fedelmente, quelle del vecchio edificio sacro. A testimonianza della presenza della chiesa, vi è anche il toponimo della strada per “San Salvatore”, riportato nelle mappe del Catasto del Regno d’Italia, l’area nel frattempo era stata modificata dalla realizzazione della ferrovia per Milano, nei pressi era stato posto un piccolo casello.
“Disévan che là, in dovè ca gh’è ol Giandarmarìn (ga disan Binaghi) gh’era ona Gesètta: allora i bosch a rivavan finna lì…” (Vittorio Pini, 1993).
Alessandro Merlotti
Fonti:
• Padre Paolo Maria Sevesi, Chiese di Saronno antiche e nuove, Saronno, Tipografia dell’Orfanotrofio, 1932, pagg. 38-41;
• Vittorio Pini, La Colombera. Capsina Colombarium, Saronno, Trotti, 1993, pag. 52.

2000 battute (più o meno) fuori sacco
Storia locale e storie locali dal passato remoto agli anni più recenti, per provare a interpretare l’attualità rileggendo ciò che è accaduto. Storie e curiosità lette, trovate negli archivi o ascoltate negli ultimi trent’anni. Senza presunzione, cercando di imparare ogni giorno qualcosa in più.