Tra i binari, Mazzucotelli: “Smentiamo alcuni luoghi comuni e frasi fatte su Servizio Ferroviario Regionale e TPL”

Molti luoghi comuni sul tema, seppure falsi almeno in parte, imprecisi o inesaustivi sono utilizzati con successo in modo esplicito, o sottintesi, da una grossa fetta dell’opinione pubblica e conseguentemente della classe politica. Smentirli non è banale poiché affondano le loro radici nella scarsa conoscenza o nell’indifferenza nei confronti della tematica, già di per sé complessa, da parte della maggioranza assoluta dei cittadini, anche loro malgrado (la conferma e la conservazione di un sistema pubblico incompleto o malfunzionante per tutelare interessi particolari va a discapito di tutti, che se ne sia consapevoli oppure no).
Con questo piccolo breviario (di cui l’articolo odierno costituisce solamente la prima parte) cerchiamo quindi oggi di smentire o almeno completare e precisare qualcuno di essi.
Non ci sono i flussi – In Lombardia il servizio ferroviario è già fin troppo sviluppato e complesso – I bus sostitutivi sono una soluzione adeguata se non ci sono i flussi
I flussi ci sono dove c’è il servizio. Non si può utilizzare un treno che non esiste o che non consente di cambiare agevolmente con un altro treno o con un autobus necessari a raggiungere la destinazione finale. Un treno tolto non disincentiva soltanto l’utenza legata a quello specifico treno, ma anche l’utenza del treno successivo (la mattina presto), del treno precedente (la sera tardi), dei treni e degli autobus in coincidenza e del treno utilizzato in direzione inversa (in molti dimenticano che un’andata presuppone un ritorno e viceversa). Ovviamente la crescita del servizio, ammesso che la si desideri, deve essere programmata attentamente in relazione ai flussi potenziali ed attesi, affinché si realizzi un vero e proprio “investimento in spesa corrente” e non una semplice voce negativa sui bilanci pubblici e delle aziende. Un autobus vuoto imbottigliato nel traffico o una ferrovia presunta “ramo secco” parallela a un asse viario sin troppo trafficato sono sprechi su cui intervenire non eliminandoli, bensì facendoli funzionare e invogliando le persone ad abbandonare l’automobile, al contempo “liberando strada” per chi proprio dell’automobile non può fare a meno nemmeno volendo, e senza posare altro asfalto. Bisogna volerlo e bisogna affidare il tema a soggetti motivati e tecnicamente capaci, incentivando la cultura del TPL tra i cittadini a partire dai più giovani (dopo anni di viaggi disagevoli in autobus, cosa c’è di meglio della prima automobile, finalmente! a 18 anni?).
La Lombardia ha tuttora un servizio ferroviario più sviluppato e capillare rispetto alle altre regioni italiane, merito dell’operazione politica di crescita operata dai primi anni 2000 fino al 2012, proseguita più timidamente fino al 2018. L’inganno che viene oggi proposto ai cittadini è quello di confrontare il valore totale della produzione: questo è sicuramente fuori scala rispetto alle altre regioni. Molto più raramente la produzione è confrontata con il numero dei residenti e con il Prodotto Interno Lordo: anche in questo caso risultiamo i più produttivi, ma con lo stesso ordine di grandezza degli altri (in un precedente “Tra i binari” stimavamo un +30% in più su base PIL). E il discorso non finisce qui.
Siamo sicuri che le altre regioni italiane, che in termini di produzione sono messe peggio di noi, siano un riferimento corretto? Non dovevamo confrontarci con la Baviera, il Baden-Württemberg, il Tirolo, il Tirolo del Sud (non citiamo la Svizzera, che trovandosi fuori dalla UE può fornire degli alibi)?
Non dovremmo risolvere i problemi di traffico e inquinamento endemici del nostro territorio aiutando le persone a spostarsi con il TPL, che occupa meno suolo, produce meno inquinamento per singolo viaggiatore, costa meno ed entro certi limiti mantiene i medesimi tempi di percorrenza indifferentemente dall’affluenza, invece che spendere, spendere, spendere, per ampliare asfalto e autostrade (ma con le automobili elettriche, beninteso!) e ritrovarci tra non molti anni con i medesimi problemi di traffico e inquinamento, peggiorati?
La Lombardia devolve l’1.01% del proprio bilancio al Servizio Ferroviario Regionale, siamo così sicuri che se diamo più risorse – magari sottratte all’asfalto – il nostro ente rischia davvero la bancarotta?
L’autobus sostitutivo come soluzione programmata invece del treno (per risparmiare) non è così adeguato, semplicemente perché non è un treno! Gli ordinari servizi automobilistici urbani ed extraurbani sono operati da aziende specializzate che hanno il compito di gestire interi lotti di linee per tutta la giornata, mentre invece gli autobus sostitutivi sono legati a una successione ben poco chiara e trasparente di appalti e subappalti, e sono realizzati in modo estemporaneo: questo vuol dire che c’è poca o nessuna garanzia che gli autisti conoscano veramente il percorso e le fermate. Non essendo un treno, e non esistendo ancora in Lombardia una tecnologia per conoscere in anticipo la posizione reale degli autobus, i viaggiatori alle fermate intermedie potrebbero anche aspettare un autobus che quella notte non passerà, senza alcun avviso. E poi c’è un problema di sicurezza: sui treni sicuramente la situazione non è eccezionale (anzi), ma almeno una persona con incarichi di pubblico ufficiale è prevista. Un autobus con solo l’autista è da ritenersi spresidiato anche ai fini della regolarità amministrativa! Non vi è quindi nemmeno alcun modo di controllare i biglietti a bordo, con perdita economica per l’azienda.
Il binario unico – Le Ferrovie dello Stato non sono dotate di sufficiente capacità e non sono competenza regionale
In Lombardia esiste un problema di capacità ferroviaria, certamente legato all’infrastruttura statale (RFI) ma anche a quella regionale (Ferrovienord), con svariati nodi saturi perché lenti, a iniziare da Milano, e le tanto citate linee a binario unico.
I problemi non nascono dal binario unico in sé, ma dal fatto che le sedi d’incrocio non siano realizzate dove necessarie in funzione degli orari di passaggio (è il caso del tratto Groane-Seregno di Ferrovienord) e soprattutto che con le più recenti normative di sicurezza la stragrande maggioranza delle sedi di incrocio è vincolata a prescrizioni stringenti che limitano la velocità dei treni portando costantemente il programmatore del servizio a scegliere se accettare i ritardi e aumentare i tempi di chiusura dei passaggi a livello (andando a disturbare la vita dei cittadini non-utenti) oppure se togliere incroci, che vuol dire togliere treni.
È utile ricordare che la Ferrovia Retica, patrimonio dell’umanità UNESCO, è una rete totalmente a binario unico, dove i treni sono programmati con frequenze elevatissime rispetto alla popolazione, e dove i ritardi sono molto contenuti, essendoci innanzitutto un contesto regolatorio più ragionevole, ma anche svariate sedi di incrocio “nel posto giusto” anche in piena linea. Non è detto che i treni debbano incrociarsi sempre esattamente alle fermate.
Quanto a chi debba fare l’investimento, è chiarissimo che nel caso di RFI la pratica amministrativa si trova presso il Ministero a Roma. Ma il discorso non finisce qui. La Costituzione Italiana all’articolo 117 stabilisce che le grandi reti di trasporto sono una competenza concorrente. Questo, all’atto pratico, si traduce nel fatto che certamente il Governo finanzierà gli investimenti ritenuti prioritari per il proprio programma nazionale, ma resta alle Regioni la responsabilità politica di richiedere, ed eventualmente co-finanziare qualora il bilancio dello Stato non lo consentisse, gli interventi ulteriori che le Regioni stesse ritenessero necessari.
Regione Lombardia ha effettuato 20 richieste di investimento nel 2019, 4 nel 2020, nessuna nel 2021 e 9 nel 2022. Le altre maggiori regioni italiane hanno sempre formulato richieste tutti gli anni. Nel frattempo RFI ha autonomamente elaborato proposte per 44 interventi in Lombardia, tutte pertinenti al miglioramento del sistema.
È necessario non dimenticare, in conclusione, che i treni tolti da Regione Lombardia al fine di agevolare l’operatività e il bilancio dell’Impresa Ferroviaria fino al 2018 erano presenti sulla rete statale, che quindi conserva la capacità necessaria ad effettuarli, sempre che Regione Lombardia ne richieda nuovamente l’utilizzo.
I treni vecchi dello Stato Centrale – I 222 nuovi treni di Regione Lombardia
Nel 2011, quando è stata costituita l’Impresa Ferroviaria monopolista di Regione Lombardia, la situazione del materiale rotabile era chiara, e sconfortante: più della metà erano treni di oltre 30-40 anni ricevuti in dote – a noleggio – da Trenitalia; il resto erano il frutto degli acquisti di Regione Lombardia (attraverso l’utilizzo della controllata Ferrovienord ai fini amministrativi) e in piccola parte noleggi da parte di FNM.
In seguito, Regione Lombardia ha sempre evitato di approvvigionarsi di materiale rotabile nuovo da Trenitalia (salvo che fosse già compreso nel Contratto di Servizio senza sovraccosti). In questo modo non si è assoggettata al vincolo del mezzo di produzione privato, da rifondere a prezzo commerciale. Non è quindi mai stato programmato che Trenitalia ci comprasse i treni nuovi, né è mai stato previsto di doverli pagare.
In merito al rinnovo del materiale rotabile, Regione Lombardia è totalmente padrona del proprio destino: come specifiche tecniche, come contrattazione economica, come destinazione di utilizzo.
E allora perché sono ancora rimasti fino a ora i treni vecchi di Trenitalia? Perché Regione Lombardia, pur sapendo già nel 2013-2014 di dover acquistare i treni nuovi, e non pochi, ha atteso la campagna elettorale del 2018 per avviare le procedure di acquisto, che infatti risalgono all’Assestamento 2017. La pandemia e la scarsità di materie prime, soprattutto metalli e componenti elettronici, hanno rallentato ulteriormente le operazioni.
In Lombardia, l’Impresa Ferroviaria non possiede un singolo materiale rotabile: sono tutti a noleggio (da Trenitalia o da FNM) oppure in comodato da Ferrovienord per conto di Regione Lombardia. In questo modo l’Impresa Ferroviaria può essere sostituita, restituendo i treni alla cessazione del Contratto di Servizio vigente, mantenendo sul territorio gli investimenti profusi (circa 2 miliardi totali di cui circa il 20% ricevuti dallo Stato).
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Commenti
Analisi molto lucida e sostenuta da dati a conferma. Come evidenziato, le priorità le ha dettate la politica regionale ed i danni ad un trasporto pubblico efficiente ed all’ambiente sono ormai irreversibili e sotto gli occhi di chi vuol vedere.