Visto da Varese: Quando la Lega elesse il sindaco col sostegno del Pds

di EZIO MOTTERLE
“Mai col Pd”, ribadisce la Lega salviniana nel nuovo ruolo di opposizione al governo giallorosso. E vista da Varese, la chiara indicazione politica non può non richiamare alla memoria l’ormai lontana intesa che vide, viceversa, la Lega nord di Bossi e Maroni ottenere il sostegno dell’allora Pds per eleggere il primo sindaco leghista di un capoluogo di provincia, Varese appunto. Altri tempi, ovviamente, altre strategie, altre situazioni e prospettive. Nessuna velleità di proporre confronti, dunque, con un evento che vale comunque la pena di essere ricordato, benchè l’ultima cosa oggi ipotizzabile sia, appunto, un’intesa Lega-Pd. Tra il voto comunale del 13 dicembre 1992 e l’elezione del sindaco il 23 gennaio 1993 Varese fu al centro di un caso politico nazionale, chiuso con la decisione dei pidiessini di dare appoggio esterno alla coalizione Lega-Pri. Aveva ottenuto il 37,3% dei consensi la Lega in quell’elezione amministrativa, l’ultima svoltasi col sistema proporzionale, al secondo posto la Dc col 17,7%: nella sua “culla” il Carroccio ebbe 17 consiglieri su 40, ne servivano ovviamente 21 per raggiungere la maggioranza ed eleggere il primo cittadino. Fu Roberto Maroni, in stretto contatto con Umberto Bossi, a condurre la trattativa. La figura del candidato sindaco venne individuata in Raimondo Fassa, giovane professore-filosofo di Gallarate. Si definì una giunta con sei assessori esterni, vicesindaco Piergianni Biancheri, consigliere indipendente del Pri, che col suo seggio aveva consentito di raggiungere quota 18. Fondamentale dunque a quel punto, escluse ipotesi di coalizione con altri partiti, la decisione dei tre consiglieri del Pds, uomo-simbolo Daniele Marantelli, etichettato spesso come “leghista rosso” anche per la sua amicizia personale con Maroni e lo stesso Bossi. Una Lega “nè di destra nè di sinistra”, come la definì lo stesso Maroni, si era aperta così alla possibilità di un sostegno pidiessino, prospettiva che fu a lungo discussa dal partito di Occhetto anche fuori dai confini cittadini, valutata non senza tensioni e infine condivisa a livello centrale. In quel gennaio di 26 anni fa il dialogo prese vigore, finchè si concretizzò in un freddo pomeriggio quando Bossi chiamò Maroni al telefono annunciando l’ok alla storica soluzione che si prospettava, il sostegno esterno appunto alla Lega da parte dei tre consiglieri del Pds. La telefonata arrivò mentre Bobo, in stretto contatto da gran tessitore coi vertici della Quercia, stava pranzando in un piccolo ristorante del centro, menu un piatto di penne al pomodoro, presente un cronista che registrò quel sospirato consenso come il “patto delle pennette”. L’intesa restò un caso isolato, per il movimento leghista si aprirono altre strade, a Varese e non solo. Sfumò ben presto l’occasione di alimentare un laboratorio politico in grado di determinare nuovi equilibri e quella inedita maggioranza di Palazzo Estense finì dunque rapidamente negli archivi. Per sempre? Chissà.
22092019