Referendum, Domà nunch un “Sì” con ragioni identitarie
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Le ragioni di questa scelta non stanno tanto nella fiducia nella riformabilità istituzionale dello Stato italiano, circa la quale abbiamo più volte esposto la nostra posizione; nemmeno esse riflettono un nostro appoggio disincantato alle politiche condotte dalla Regione Lombardia, per le quali abbiamo una lunga memoria, in particolare in ambito ecologico e culturale. E anche Roberto Maroni dovrebbe fare molto di più per guadagnarsi la nostra completa stima: le sue promesse elettorali (75% delle tasse in Lombardia!) sono state belle bandierine che non sventolano più; per non parlare delle proposte “riformatrici”, così scialbe e strampalate, da finire subito cestinate.
Quali sono quindi i motivi per votare “Sì”? Sicuramente un dato di fatto, che pur avendo esiti economici, ha radici più profonde e rispecchia e distingue la naturale fisionomia dei lombardi: la necessità di fare, fino al sacrificio e all’abnegazione. È per questo che sosteniamo un residuo fiscale quasi 7 volte maggiore dei tanto euforici catalani e 36 volte più pesante di quello della perfetti bavaresi. L’idea del lombardo soggiogato dalle tasse e costretto a ricevere servizi mediocri non è un’invenzione o uno stereotipo, ma una realtà indiscutibile. Già questo basterebbe a dare carta bianca a chiunque avesse perlomeno l’intenzione di cambiare i rapporti tra territorio e Stato centrale.
Ma le preoccupazioni di noi lombardi e insubri, in comunanza con i veneti e gli altri popoli dell’Alta Italia, possono andare oltre il problema economico. È utile, dopo troppo tempo, tornare a dimostrare che, al di là dell’aspetto tecnico, della forma del quesito, della capacità che avrà Maroni di utilizzare l’esito del voto per intavolare una trattativa, la Questione Settentrionale esiste ed è ancora irrisolta. Solo quando la “repubblica italiana” sarà costretta a confrontarsi con essa, si troverà nuda davanti alle sue originarie contraddizioni e – a quel punto – si potrà agire per fondare delle vere Repubbliche basate sulle virtù civiche che il Nord ha così ben espresso sin dal Rinascimento.
Sì, è un referendum politico. Il resto sono balle. I lombardi hanno un’occasione per superare la contingenza e dare un segnale di unità popolare. Orgogliosamente, dobbiamo fare pesare allo Stato quei comportamenti onesti, quella mentalità collettiva – che parte delle singole famiglie, passando ai paesi e si raccoglie in una comunità etno-culturale che contiene 1/6 degli abitanti dello Stato, distinta, eccezionale, unica in Italia e in Europa. Facciamo sentire il nostro radicamento che necessita e aspira a modelli politici e istituzionali opposti a quelli degli stati-fantoccio contemporanei.
Perché in noi, Insubri, Lombardi, vige ancora la Maestà, poiché sentiamo di appartenere a una gente civile; la Fedeltà, per la fiducia che poniamo reciprocamente tra cittadini; il Dovere, perché la nostra condotta è degna e seria. Esigiamo quindi che il nostro modello civile, ripulito di tanti errori che pur ci portiamo dietro, sia una luce così forte davanti alla quale gli altri popoli italiani non potranno che provare rispetto.
(foto archivio)
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Commenti
Doma Vunch corri che ti passa
Chi se ne frega?
Anche 18….
Urca, questi muovono forse 10 voti.