Visto da Varese: più lavoro, ma non per i giovani

di EZIO MOTTERLE
Eppur si muove! Superati i contraccolpi della crisi agganciandosi a uno storico settore industriale orientato allo sviluppo dell’export (quasi la metà della produzione) e sostenuta dalla capillare diffusione di piccole e medie imprese baluardo inossidabile o quasi dinanzi alla recessione, l’economia del Varesotto fa segnare risultati positivi sul fronte del mercato del lavoro, che nel 2016 ha offerto complessivamente in tutti i settori 103mila contratti, 8mila meno – è vero – di quelli del 2015, su cui però hanno pesato incentivi del governo ed effetto Expo. L’analisi condotta dalla Camera di Commercio su dati della Provincia, alla vigilia di un Primo Maggio da anni ormai festa di un lavoro che manca, conferma “la persistenza di un certo dinamismo occupazionale pur con tutte le difficoltà che ancora sta attraversando l’economia varesina”. Mentre il terziario sostenuto dal turismo e dai servizi alla persona supera la metà dei 377mila occupati nelle 62mila imprese attive, con l’industria pur sempre attestata oltre il 30%, resta aperto il problema della disoccupazione giovanile, primo allarme nelle manifestazioni in programma domani: in provincia di Varese i disoccupati tra 15 e 24 anni sono saliti dal 32,1% del 2015 al 36,7% del 2016, con punte del 30,2% per i maschi e del 43,8% per le femmine. Oltre i 35 anni il tasso di disoccupazione provinciale è invece sceso al 4,8% (meglio rispetto al 2015 quando era 6,6%), attestandosi a un livello tra i migliori in Lombardia. Ciò conferma il fatto che la carenza di lavoro riguarda soprattutto le fasce giovanili, in particolare le ragazze. E intanto calano dal 22 al 15 per cento i contratti a tempo indeterminato e tornano a crescere le forme di lavoro più flessibili: il contratto a tempo determinato (41% delle assunzioni 2016) e quello somministrato (28%). Lo scorso anno ci sono state in media 34mila persone in cerca di occupazione, 14mila uomini e 20mila donne, ma il tasso di disoccupazione è sceso all’8,2% rispetto al 2015 quando era al 9%. Resta però superiore in media a quello lombardo (7,4%), anche se ancora inferiore a quello italiano (11,7%). A livello regionale, nel 2016, la provincia di Varese era per questo poco invidiabile primato al terzo posto, preceduta solo da Mantova (8,7%) e Brescia (8,6%). Numeri su cui riflettere. Domani e non soltanto.
30042017