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Le teorie di Benedetta: Selene scrittrice saronnese le presenta sabato da Mondadori

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Le teorie di Benedetta: Selene scrittrice saronnese le presenta sabato da Mondadori
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SARONNO – Appuntamento sabato 5 dicembre dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 19 alla libreria Mondadori di Saronno, in via Portici 12, con l’autrice saronnese Selene Minopoli che incontrerà il pubblico per presentare il proprio libro, fresco di stampa, “Le teorie di Benedetta”.

Selene Minopoli vive a Saronno con il figlio e il compagno. Laureatasi al Dams di Bologna ha lavorato nella post-produzione televisiva e come giornalista web. Personal trainer da anni, nella vita di tutti i giorni si ispira alla frase “Mens sana in corpore sano”. La sua passione più grande è la scrittura.

Questa una anticipazione del libro

Sin dalla nascita, Benedetta conservava il ricordo di un’altra vita: era sicura di provenire da un luogo di puro amore. Aveva provato a raccontarlo alla sua mamma, la quale non l’aveva presa sul serio.”Essere bambini è davvero frustrante!” pensava.

Il mondo degli “adulti” non era in grado di comprendere tutto; alcune verità erano accessibili solo alle “anime pure”, ossia ai bambini.

Benedetta aveva una teoria:”Crescendo si perdono parti di sé, dimenticando la propria origine e, il vero motivo che porta ogni essere umano a scendere sulla terra è diffondere amore”. Giunse a questa conclusione dopo che la mamma le ebbe letto un libro molto interessante sul corpo umano, il quale diceva: “Le cellule del nostro corpo muoiono e rinascono continuamente”. Lei quei paroloni non li aveva compresi bene ma, quando la mamma le fece l’esempio della pelle, capì:”Il nostro corpo si rinnova continuamente; ad esempio perdiamo la pelle e la cambiamo come fa il serpente”.

A Benedetta venne in mente il serpente di Adamo ed Eva, e non era una bella cosa! Ecco quello che era accaduto alla sua mamma e al suo papà: perdendo la pelle avevano perso parti di sé, dimenticando chi fossero realmente. Poverini… doveva assolutamente aiutarli a ricordare. Ma cosa avrebbe potuto fare? E come avrebbe evitato lo stesso destino?

Bisognava porvi rimedio, non c’era più tempo! Di lì a pochi giorni avrebbe compiuto otto anni e la mamma continuava a ripeterle che ormai era grande. Glielo diceva quando faceva qualche capriccio. A Benedetta piaceva ricevere attenzioni, per ciò che gli adulti chiamano “vizi”, e vedere esaudirsi i suoi desideri. Era la parte migliore dell’essere piccoli. Da un po’ di tempo aveva iniziato ad osservare mamma e papà; loro non se ne accorgevano presi com’erano dalla vita sempre indaffarata. In quei momenti di osservazione notava l’espressione persa e triste sui loro volti, allora pensava: “Poverini… non sanno più cosa sia essere felici; si sentono molto soli”.

Anche qui aveva elaborato una teoria:”Gli adulti non sono in grado di comunicare perché non sono mai presenti a se stessi. Quando mamma e papà parlano non ci sono mai; certo lo sono con il corpo, ma mai con la mente. La loro mente o è al passato o al futuro e lo si può comprendere ascoltando i loro discorsi. Infatti la mamma dice sempre:”Come mi piacerebbe andare a…» oppure, «Come sarebbe diverso adesso se…”

“Anche papà dice le stesse cose. Non si accorgono che non sono mai dove dovrebbero stare, nel presente accanto a me. Quasi tutti i grandi sono così. Noi bambini, invece, siamo concentrati sul nostro adesso, viviamo e basta. Se ci viene voglia di giocare, giochiamo, anzi, diventiamo il gioco! Se abbiamo voglia di abbracciare la mamma, il papà, e tutte le persone che amiamo, lo facciamo senza pensare a quando sarebbe giusto farlo. Perché l’amore non segue delle regole e non è mai troppo. Gli abbracci possono essere in?niti, più abbracci diamo e riceviamo, meno dimentichiamo. Come faccio a sapere queste cose? Le so perché sono ancora una bambina e non le ho dimenticate”. Benedetta, ogni giorno, tornando da scuola, meditava su come aiutare i suoi genitori a ritornare piccoli e, a sua volta, evitare di diventare grande:”Non so proprio da dove cominciare…” pensava. “Sono sicura che c’entra quel furbo del serpente. Ma… io non voglio essere come lui e perdere la pelle! Dimenticherei cosa voglia dire essere veramente felice; crederei di esserlo solo perché per gli altri la felicità è possedere e fare. Devo trovare il modo di ingannarlo; comincerò subito! Stasera non mi laverò, rallentando l’inevitabile. Quando la mamma mi chiederà il perché, le dirò la verità. Noi bambini non mentiamo mai, sono gli adulti che non comprendono il nostro linguaggio e ci danno dei bugiardi. Le spiegherò che non voglio diventare come il serpente. Si arrabbierà, non capirà… ma devo avere pazienza con lei; è solo un’adulta! Come potrebbe comprendere?”

Mentre Benedetta pensava e ripensava, molte cose accadevano attorno a lei: i suoi genitori vivevano a spasso nel tempo , passando, alternativamente, dal passato al futuro, dal futuro al passato, senza mai fermarsi al presente. Era come stare seduti a una stazione ferroviaria e vedere sfrecciare, davanti a sé, treni in entrambe le direzioni, aspettando un treno che non si sarebbe mai fermato. Un giorno, non trovando una soluzione, ne parlò con la sua amica Sara, una bambina molto paziente, la quale le disse:”Devi aspettare. Prima o poi si accorgeranno che dici la verità e allora si fermeranno alla tua fermata. Insieme inizierete un viaggio meraviglioso. Io faccio così, aspetto e… aspetto”.”Sei sicura che aspettando a quella fermata non ti addormenterai? Se ciò avvenisse perderesti il treno. Io non voglio aspettare che arrivi, voglio andare dove partono tutti i treni”.”E dove si trova questo posto? Se lo conosci portami con te”.”Ancora non so dove sia, ma lo sto cercando. Anzi, ho una teoria. Se ti va di ascoltarmi, te la spiego”.”Va bene, ti ascolto”.”Sei una vera amica, è bello essere alla stessa fermata! Sai, ricordo il momento in cui stavo per giungere sulla terra, spesso lo rivivo in sogno. Nel sogno stringo tra le mani un oggetto pieno di luce, potrebbe essere una specie di ‘libretto delle istruzioni’! Se riuscissi a recuperarlo mi aiuterebbe a trovare la strada”.”Sarebbe magnifico! Credi che tutti gli esseri umani lo possiedano?” “Sì, è esattamente così”.”Ma, una volta trovato il libretto, riusciremmo a leggerlo?” “Sì, perché siamo dei ‘bambini’; ma dobbiamo sbrigarci”.

I giorni passavano e Benedetta si impegnava nella ricerca osservando i suoi genitori e il mondo circostante. Trascriveva ogni emozione e sensazione sul suo ‘diario segreto’. Gli era stato regalato al compimento del suo sesto compleanno e da quel momento non se ne era più separata. C’erano tanti disegni colorati, rappresentavano momenti felici e le avventure che aveva vissuto. In?ne, vi erano annotate le sue teorie: esse erano il frutto di tanti momenti passati ad osservare il mondo. A Benedetta piaceva guardare le persone di ogni età; i loro occhi, le loro espressioni, c’era un che di magico!

Riusciva, persino, a percepirne pensieri ed emozioni: il senso di solitudine di alcuni e la pienezza di altri. Soffrendo e gioendo per loro. Benedetta sapeva che in questo viaggio, alla scoperta dell’umanità, non era sola. Tutti i bambini erano come lei, ma nessuno di loro si preoccupava di quello che sarebbe accaduto una volta cresciuti. “Tuttavia…, perché per me non è la stessa cosa?”, pensava.

Quel pensiero si era fatto strada nella sua mente da un po’. Sentiva che le era stato affidato un compito speciale. Sarebbe stata all’altezza? Avrebbe ricevuto qualche aiuto da lassù? Per la sua amica Sara era fondamentale avere pazienza, qualcosa prima o poi sarebbe successo. Per lei, invece, era importante prima agire e poi aspettare. Una sera, mentre la mamma le stava leggendo una favola, le chiese:”Mamma, com’eri da piccola? Cosa ti faceva paura? Cosa sognavi?” “Non so… ricordo che non vedevo l’ora di diventare grande, immaginavo che sarei stata più felice”. “Non eri felice da piccola?” “A volte no”. “Perché?” “Forse perché i grandi non mi ascoltavano mai veramente”. “Adesso sei felice? I grandi ti ascoltano?” “Sì, sono felice perché ho te! No, non credo che mi ascoltino molto, e anch’io non sono in grado di ascoltarli”. “Non parlate la stessa lingua?” “Sì, parliamo la stessa lingua, ma…” “Crescendo si perde l’udito?” “Anche, ma in tarda età”. “Sai mamma, io ti ascolto, anzi, vi ascolto, ma a voi adulti non interessa quello che diciamo noi bambini, credete che non abbiamo nulla di importante da dirvi. Se solo ricordaste, imparereste tante cose e sareste più felici”. “Come parli bene piccola mia!” “Mamma, mi ascolti?” “Certamente! Ora dormi, domani devi andare a scuola. Buonanotte amore mio”. “Buonanotte mamma”.

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03122015

RSa
3 Dicembre 2015
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