SARONNO – Il viaggio di Carlo Motta sulla camminata di Santiago de Compostela ha avuto inizio lo scorso 27 agosto, con rientro in Italia il 4 settembre: un progetto particolare e diverso dai soliti viaggi del ciclista saronnese. Questa volta è partito volontario in un progetto che coinvolge 15 ragazzi autistici, organizzato dall’’asl città di Torino ed una serie di associazioni e cooperative piemontesi che si occupano di autismo.
Riceviamo e pubblichiamo due racconti del cammino.
Domingo, 1 septiembre, da Arzua a Perodzu, 19 km e circa 300 mt di dislivello (tappa 30). Il percorso è davvero bello, si sviluppa completamente tra boschi di eucalipto e colline coltivate a mais. La strada si rivelerà un continuo saliscendi ed il cammino si snoda come un serpente; del resto le strade dritte son fatte per le macchine, per gli uomini è senz’altro meglio “allenarsi” per saper affrontare le curve. Lungo il percorso vengo attratto a una serie di manifesti e striscioni appesi a muri, staccionate, balconi con slogan contrari all’installazione di una fabbrica di cellulosa e di riciclaggio della plastica di enormi dimensioni. Mi informo meglio con dei passanti che mi spiegano la loro contrarietà in quanto quell’industria utilizzerebbe la quasi totalità dell’acqua del fiume lasciando a secco le varie aziende agricole e scaricando i residui inquinanti nelle falde. Firmo anch’io la petizione contro questo ecomostro.
Le opportunità di crescita per i ragazzi partecipanti a Camminautismo sono diverse: si va dalle autonomie personali (fare e disfare la valigia tutti i giorni, igiene della persona, ecc) allo sviluppo delle possibilità di relazione (tra di loro, con adulti, con sconosciuti, …), dal saper gestire meglio l’ansia all’affrontare con maggior tolleranza i tempi di attesa. Tutte cose non semplici e scontate nemmeno per gli adulti che non hanno disturbi dello spettro autistico. Sono convinto che procedere con lentezza sia sempre, ma in questa occasione ancora di più, una chiave importante della riuscita non solo del viaggio. Nell’epoca dove tutto deve essere utile e finalizzato al danaro ed al successo, chi cammina è un perditempo e compie una fatica facilmente evitabile sottraendo tempo ad attività produttive e redditizie. In auto avrei percorso i 120 km da Sarria a Santiago in due ore anziché in sei giorni. Il nostro cammino non ha senso ed è una cosa inutile. Ma sta proprio qui la bellezza: prendo tempo per me, per stare con gli altri e con il mondo che mi circonda, lievemente. Arriviamo a O perodzu dove l’unica cosa interessante sarà lo stabile che ospita l’ostello immerso in un parco e addirittura dotato di piscina.
Ceniamo a base di pizza in un locale di fronte all’ostello, pizza che contro ogni aspettativa avrà buon aspetto e buon sapore. Però anche in questa occasione la proprietaria ed i camerieri non saranno il massimo della simpatia, anzi: mi viene ormai il dubbio che non sia una cosa soggettiva. Che questa mancanza di empatia dei galiziani, nonostante i soldi che arrivano dal turismo camminante, abbia a che fare con il fatto che Franciso Franco, il feroce dittatore che ha annientato la repubblica spagnola con l’aiuto della Germania di Hitler e dell’Italia di Mussolini (nonché della colpevole indifferenza delle “democrazie” europee) sia nato proprio in queste terre? Non credo, son passati quasi cinquant’anni dalla morte di franco avvenuta nel 1975 (è stata la più longeva dittatura d’europa), magari siamo stati sfortunati noi.
Lunes, 2 septiembre, da O perodzu a Santiago De Compostela, 19 km e circa 150 mt di dislivello (31.ma e ultima tappa).
Mancano meno di 20 km all’arrivo, la tensione si fa palpabile, la certezza di avercela fatta serpeggia tra la nostra leggiadra e, all’occhio esterno, anche un po’ originale compagnia. Non ci rattrista neppure la pioggia che ci accompagnerà per qualche ora anzi, le mantelline colorate daranno la possibilità di svariati sfottò.
Dall’ostello ritorniamo sui nostri passi e proseguiamo sino a metà paese dove imbocchiamo a sinistra il cammino che sarà per la prima parte in un bosco, poi si passa nei pressi dell’aeroporto e il caos dell’avvicinarsi alla città comincia a sentirsi. Passiamo il piccolo torrente di Lavacolla, dove i pellegrini usavano lavarsi per giungere più puliti a Santiago. Dopo 14 km arriviamo a San Marco (frazione di Santiago) e troviamo alla “cafeteria a calzada” un posto dove fermarci a pranzare: anche qui saremo destinati a scontrarci con la proverbiale ospitalità galiziana. Il cerbero, questa volta sottoforma di barista e sedicente ristoratore, accoglie la metà del gruppo che pranzerà ed intima all’altra metà (che ha portato con se dei panini) di allontanarsi dai suoi tavoli, riservati ai clienti veri. Per non far questioni ci spostiamo nel parcheggio ma anche li diamo fastidio: decidiamo di fregarcene e di indirizzare varie maledizioni al cerbero, la più carina ha a che fare con la maledizione dei Montezuma.
Verso il quindicesimo km arriviamo al monte Gozo, a circa 400 metri sul livello del mare, da dove si intravede la città di Santiago: da qui in avanti sarà quasi tutta discesa. Entriamo in città e veniamo accolti dal traffico veicolare e da squallidi palazzoni e brutte e avveniristiche costruzioni che, man mano che ci avviciniamo al centro, cedono il passo alle bel nucleo medioevale e infine a quello straordinario esempio di architettura romanica spagnola che è la cattedrale ed alla sua enorme piazza. Nel 1985 la città di Santiago è stata giustamente dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
Entriamo in piazza cantando felici complimentandosi l’un l’altro della riuscita con grandi pacche sulle spalle: quella di Matteo, un ragazzone alto un metro e novanta, mette alla prova il mio equilibrio, quello fisico intendo, quello psichico è da mo’ che è andato a ramengo.
Tutti i cammini di Santiago convergono qui: quello francese, che in parte abbiamo percorso noi, quello del nord, quello portoghese e tanti altri riscoperti o inventati negli ultimi decenni (se ne contano ben dodici) convergono in questa piazza. Abbiamo percorso solo una parte di quello francese e non so come siano gli altri ma da Sarria a Santiago ho respirato una grande aria di businnes; locali, bar, pensioni, b&b, camere in affitto, negozi di gadget, ecc cresciuti come funghi. Chi non ha spazio a sufficienza piuttosto che nulla installa in un piccolo locale distributori automatici di caffè, bibite, merendine. I cammini venivano una volta percorsi con una dedizione principalmente spirituale, venivano camminati per chiedere una grazia o il perdono per qualche peccato.
Ma che peccato ha la nostra compagnia da farsi perdonare? Certo, ad ognuno il suo ma azzardo che più che perdono è richiesta di diritti quella che avanza il nostro lento incedere. Perché le ore di educatore, mi dice un genitore, sono passate per mio figlio da 12 a 5 alla settimana? Perché per avviare una terapia psicologica o la consulenza di uno psichiatra devo attendere mesi o anni oppure rivolgermi al privato? dice una altro. E ancora, come faccio, chi mi aiuta a trovare lavoro adesso che ho finito la scuola? Chiede uno dei ragazzi del gruppo.
Non lo so, so che così come stanno le cose non va bene, per nessuno, a maggior ragione per chi ha qualche fragilità. Certo smettessimo di comprare armi e foraggiare guerre sarebbe già qualcosa. Rimanendo al qui, la piazza di santiago, e ora, le 16,00 di lunedì 2 settembre, non possiamo altro che gioire dell’impresa conclusa, del sole che illumina la cattedrale. Durante l’intervista a radio popolare Flavio, 15 anni, dirà di essere orgoglioso di aver finito il cammino, che è stata dura, che non è cosa da tutti ma che lui e suoi compagni ce l’hanno fatta. Concludo il resoconto di oggi con una frase che ho trovato tempo fa, l’autore ignoto: la vita non si misura con il numero di volte che hai respirato ma per i luoghi e gli.istanti che ti hanno.tolto il respiro. E durante questo viaggio mi è capitato tante volte di saltare il respiro e non per la fatica delle salite. Trascorre parte della serata ad ascoltare i gruppi di musica popolare che popolano il centro della città.