Visto da Varese: Voglia di normalità, ma ce la ricordiamo ancora?

di EZIO MOTTERLE
È bastato lo stop delle mascherine all’aperto e l’annuncio di fine emergenza tra un mese per far gridare a una libertà finalmente ritrovata. Senza contare però che nel nome delle cancellazioni graduali una parte di restrizioni e condizionamenti vari da post (si spera) pandemia resta sostanzialmente in vigore. Basti pensare alle persistenti norme di tracciamento, tra green pass e controlli sanitari, regole da analizzare con cura specie in caso di spostamenti magari oltre confine. Tanto che a parte il freno psicologico ancora da misurare, cui si è aggiunto ora il clima appesantito dal conflitto russo-ucraino, restano molte perplessità nel poter tornare alla sospirata normalità dentro e fuori le mura domestiche. Si valutano dunque residue regole anti-covid da rispettare: certificazioni vaccinali al seguito, moduli da compilare, informazioni da fornire ai controlli, avvertenze sulle possibilità di contagio ahimè ancora presenti. In molti non vedono l’ora di uscire, partire, viaggiare, costi quel che costi, e molti lo fanno e lo faranno nel prossimo periodo pasquale, ma resta anche la voglia di spostarsi il meno possibile, rivalutando un’esistenza confinata in un territorio dove le occasioni di svago certo non mancano, rafforzate proprio durante questi lunghi mesi segnati dalle limitazioni, col rimpianto comunque per una libertà da vivere senza problemi dettati dall’emergenza. Già, ma ce la ricordiamo ancora questa libertà? Frequentazioni pubbliche e private prive di condizionamenti, nessun sospetto che il commensale diventi un contatto a rischio, frontiere sempre valicabili senza troppe giustificazioni, clima di distensione ovunque insomma. Amarcord di una normalità autentica, affievolitasi via via, naufragata a suon di verifiche che faticano ad essere eliminate dopo avere inondato di articoli e commi le lunghissime ordinanze governative, al di là delle zone a colori o degli aspetti più esteriori di una crisi radicata nel profondo della società e moltiplicata ora dalle tensioni internazionali. Colpa del virus e dei cannoni, insomma, ma anche dei tempi forse irrimediabilmente e rapidamente mutati, orientati verso una direzione che oltretutto resta ancora da definire specie sul piano economico e sociale. Si cerca adesso di invertire la rotta, sperando che il contagio si fermi e i carri armati pure, così da agganciare, magari proprio con la fine annunciata dello stato di emergenza, il sospirato ritorno alla normalità. Sempre che qualcuno se la ricordi ancora. Non è detto, purtroppo..