Visto da Varese: Il fenomeno dei frontalieri sotto osservazione permanente

di EZIO MOTTERLE
Ogni giorno oltre 30mila lavoratori migrano con ogni mezzo dal Varesotto alla Svizzera per portarsi a casa lo stipendio. Sono la quota più importante dei quasi 64mila frontalieri, un esercito occupazionale stabilmente insediatosi da decenni nelle aree di confine assumendo i contorni di una realtà socio-economica ormai fondamentale che rende per questo sempre più necessaria un’attenzione specifica per essere pienamente tutelata. Nasce così a Varese, per iniziativa della Provincia, con le organizzazioni sindacali, la Camera di Commercio e l’associazione italiana Comuni di frontiera, un Osservatorio permanente sul “frontalierato”, obiettivo tenere fisso lo sguardo verso i problemi che interessano i lavoratori e il territorio di frontiera che li accoglie, segnalandoli per la soluzione agli enti competenti. Quali ad esempio le azioni concrete previste? Monitorare anzitutto i flussi dei frontalieri attraverso i valichi di confine coi tanti problemi di mobilità che esso comporta, divulgare corrette informazioni sugli accordi operativi Svizzera-Ue (ad esempio quello che assicura agli enti italiani di frontiera l’importante versamento dei ristorni fiscali), valutare e sostenere le istanze che emergono sul fenomeno (ciclicamente oggetto di contestazioni e di polemiche) facendosi carico del loro accoglimento. Le decisioni dell’Osservatorio – creato in contemporanea anche a Como, prima riunione il 18 ottobre prossimo – saranno assunte con voto a maggioranza assoluta dell’assemblea, non inferiore ai due terzi dei presenti: l’organismo dovrà riunirsi ogni volta che la situazione oggettiva lo richiederà e comunque per almeno tre volte l’anno. Per coordinare al meglio le attività coi territori interessati dal lavoro transfrontaliero, sono previste sedute congiunte con analoghe iniziative esistenti in altre province confinanti con la Svizzera, quali Como e Verbania. Risultato, appunto, la crescente tutela per un settore chiave dell’economia, prezioso contributo alla tenuta occupazionale nei territori italiani di frontiera, che viceversa ovviamente sarebbero costretti a fare i conti con una carenza di lavoro ancor più pesante (va ricordato che nel solo Varesotto ci sono 30mila disoccupati, proprio tanti quanti gli occupati oltre confine).