Charlie Hebdo, Banfi: “Stabilire un limite alla ridarolla”

La pubblichiamo integralmente.
Oggi, dopo aver visto vignette contro l’Italia, satiriche sui terremotati, in molti non sono più Charlie. Tuttavia non ho ancora visto “Je ne suis pas Charlie”… grazie a Dio. Ci si sta però scagliando contro il giornale satirico per uno o per l’altro motivo, azioni che delineano più punti comuni che differenze con quanto quanto fatto dagli islamici all’indomani della pubblicazione delle vignette ritraenti Maometto.
Da “libertà di espressione” il problema, per taluni, parrebbe essere passato a “se sfotti quello va bene, ma non toccare me”; per tal altri, invece, il principio del “satira libera” vale anche stavolta, al di là di orgogli di parte.
Siamo a fare gara tra pro e contro, tra “giusto e sbagliato a seconda di chi viene colpito o chi colpisce”. En passant, rimetto sul piatto una riflessione: e se ragionassimo tutti insieme su cosa davvero debba essere satira? E, più ancora, sulla liceità del fare satira su ogni argomento? E’ un punto che si connette indissolubilmente al tema della sacralità, ci ciò che è sacro. Ad esempio la vita e la morte. Forse che l’adagio dei nonni “non si può ridere su tutto” sia pensiero saggio e sempre valido, capace di essere timone d’azione anche per i nostri tempi?Occorre stabilire un termine alla “ridarolla”: basta pensare che tutto sia risibile se non mi tocca, ma anche basta pensare che “la nostra cultura occidentale e libera” coincida col poter mancare di rispetto davanti ciò che è sacro per qualcuno (e non mi limito al “solo” sacro religioso, ma al sacro allargato ad ogni cosa importante per qualcun altro… ossia alla sfera del rispettare l’altra persona).
03092016