25 aprile, Assemblea antifascista saronnese: “Liberiamoci” corteo da piazza Libertà

SARONNO – “Il presidente del consiglio rilascia dichiarazioni, volutamente ambigue, sull’eccidio delle fosse Ardeatine; la fervida fantasia del presidente del senato produce un racconto revisionista sull’azione partigiana di Via Rasella; ministri e rappresentanti del governo annichiliscono l’orizzonte dei diritti civili e sociali con le loro dichiarazioni: tutto questo è tanto inaccettabile e disgustoso, quanto coerente con una visione che non ci meraviglia, perchè ne conosciamo perfettamente la radice”.
Inizia così la nota dell’Assemblea antifascista saronnese in merito delle celebrazioni del 25 aprile.
“Allo stesso modo, non ci stupiamo di chi si duole pubblicamente del governo, ma poi si trova perfettamente a suo agio nella cornice neo-imperialista: Ucraina, Afghanistan, Serbia, Libia, Libano, centro destra, centro sinistra, governo, opposizione: non fa differenza quando si è al servizio della Nato.
L’Italia è in guerra: una guerra d’interessi, una competizione per l’accaparramento di risorse ed energie; l’esercito italiano è attualmente impegnato in decine di missioni, di cui per la maggior parte a protezione dei siti dell’Eni. L’industria degli armamenti cresce nella produzione e in borsa: perseguire obiettivi di pace non è economicamente conveniente. La retorica della propaganda usa gli strumenti del marketing e ci vende un’immagine della guerra buona e giusta da combattere, etichettando i popoli come buoni o cattivi, a seconda della convenienza contingente.
L’Italia è in guerra fuori dai propri confini
Con i patti con la Libia, considerata un porto sicuro nel decreto Minniti, ministro del governo Gentiloni, che aggira il diritto internazionale e manda sotto tortura e a morte nei lager libici migliaia di migranti e richiedenti asilo; Salvini, con la sua retorica, trova la strada spianata e libera da oppositori reali.
Fin dai tempi della Bossi-Fini, legge sull’immigrazione del 2002, che non è mai stata abrogata o modificata da nessun governo di centro sinistra; la stessa poggia sullo stesso impianto teorico ipocrita, della precedente legge Turco-Napolitano (legge del 1998, governo Prodi, che istituisce, tra l’altro, i Centri di Permanenza Temporanea), che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, in un mondo del lavoro strutturalmente precario che condanna i migranti a un’esistenza conseguentemente precaria e senza diritti.
Su queste basi solide, costruite in contiguità con il centro sinistra italiano, la destra apre in questi giorni un nuovo stato di emergenza, riguardante l’immigrazione (ad ora è il centodiciannovesimo stato di emergenza, condizione ormai di normalità, terreno fertile per la produzione di decreti illiberali).
L’Italia è in guerra dentro i propri confini
Con lo smantellamento dello statuto diritti dei lavoratori; è una guerra che i governi italiani combattono come partito unico, contro generazioni di lavoratori senza diritti e studenti senza prospettiva di futuro.
Nel 2002, durante il governo Berlusconi, tre milioni di persone, manifestando a Roma, fermano il tentativo di abrogazione dell’articolo 18, ma, negli anni, i diritti dei lavoratori hanno subito un depotenziamento progressivo: il pacchetto Treu (1995, governo Dini) e i decreti attuativi del 1997 del governo Prodi, aprono al lavoro interinale, precario, instabile, non tutelato, spalancando le porte alla legge Biagi (2003, governo Berlusconi), al Job Act (2014, governo Renzi). Durante lo stesso governo Renzi, l’articolo 18 è stato privato delle sue funzioni di tutela, nel silenzio delle piazze, nell’indifferenza generale, con la complicità dei sindacati confederali, che, nel frattempo, arruolano tra le file del centro sinistra del Pd, uno alla volta i suo segretari, Cofferati, Epifani, Camusso, in un conflitto di interessi che mina alla base il rapporto di fiducia tra lavoratori e garanti e mediatori dei diritti degli stessi.
Intanto aumento le morti bianche e, con l’alternanza scuola-lavoro, aumentano anche le morti a scuola.
L’Italia è impegnata in una guerra interna
Perché non è più il tempo della conquista e gestione del consenso a favore di una proposta, ideologia o visione: oggi non è ammessa un’idea non conforme; le istituzioni si compattano attorno al sistema capitalista, utilizzano l’intervento armato per ridefinire rapporti economici e di potere e usano la repressione per abbattere qualsiasi forma di difformità sociale e politica, annichilendo pensieri e corpi che si frappongono a un pensiero univoco, che schiaccia gli ultimi.
Il conflitto, dialettico, ideologico, sociale, motore dell’evoluzione della società, che ha portato a conquiste importanti di diritti civili e sociali, viene neutralizzato, con la creazione di una società destinata ad atrofizzare il proprio pensiero, la propria essenza, conformandosi a un modello che risponde al esigenze e interessi di una esigua elité e di una governance autoreferenziale e autoperpetuante.
Perché la repressione (contro gli attivisti che compiono azioni di disobbedienza civile, contro chi compie occupazioni sociali e abitative, contro chi partecipa ai rave, contro chi manifesta, contro chi lotta per la difesa e l’allargamento dei diritti tout court, contro chi difende il territorio, contro chi prova a salvare le vite dei migranti in mare) non può essere tanto violenta e sproporzionata.
Oggi la repressione, nelle sue varie declinazioni (dalle pene pecuniarie alla detenzione) sta aumentando d’intensità in maniera esponenziale, rendendo impensabile anche solo immaginare ogni azione di lotta o pensiero critico, alternativo alle politiche del sistema egemone e dominante, annientando qualsiasi forma di conflitto, pensiero divergente, possibilità di cambiamento e mobilità sociale.
Ci ritroviamo così una condanna per strage politica (reato previsto dall’art. 285, non applicato, ad esempio, alla strage della stazione di Bologna o alle stragi di Capaci e di via D’Amelio ) per Alfredo Cospito, perché accusato di aver fatto esplodere due ordigni artigianali a basso potenziale nei pressi della scuola Carabinieri di Fossano (Cn) che non determinarono morti, feriti o danni gravi.
Trova così spazio l’estensione del 41 bis, forma di tortura istituzionalizzata, usata per spaventare e annientare chi si pone, con la lotta, al di fuori del pensiero dominante e funzionale: perché la vita dentro un loculo di 2 metri per tre, bagno incluso, senza libri, senza finestre, quando per legge una stanza inferiore ai nove metri quadrati è accatastata come sgabuzzino, è un’agonia, un’esecuzione capitale vissuta ogni giorno.
Questa data non può essere, quindi, una giornata del ricordo della vittoria della resistenza partigiana, ma ci deve ricordare che la lotta si rinnova ogni giorno, a partire da quel 25 aprile 1945.
L’alternanza di governo cambia le parole, ma non la musica.
E ora la banda può cominciare a suonare Bella Ciao e gli ultimi possono continuare a morire, in silenzio.
Liberiamoci ora!
dopo il corteo pranziamo insieme ricordando il nostro compagno Guido
Assemblea Antifascista Saronnese