Don Barbareschi: “Il fascismo c’è ancora. E dobbiamo resistere”

SARONNO – Ha letteralmente incollato alla sedia i quasi 500 studenti presenti al teatro Pasta don Giovanni Barbareschi scout del gruppo clandestino Aquile Randagie (1943-45), partigiano, cappellano delle Brigate Fiamme Verdi, Medaglia d’Argento della Resistenza e giusto tra le Nazioni protagonista di un incontro che si è tenuto stamattina nell’ambito della Giornata della Memoria.
L’appuntamento, organizzato dall’Amministrazione con Anpi, Gruppo della memoria, Aned, Acli, Agesci, Auser, Masci, Associazione La Traccia, L’Isola che non c’è, Istituto Padre Monti, Società Storica Saronnese e Fondazione Mons. Andrea Ghetti – Baden, è iniziato con un video che ha raccontata la storia delle Aquile Randagie scout che, dopo lo scioglimento dell’associazione decretato dal regime fascista, continuarono la loro attività formando un’organizzazione clandestina per l’espatrio di ebrei, antifascisti e prigionieri alleati.
A catalizzare l’attenzione degli studenti, di terza media e delle superiori, è stato però l’intervento di don Barbareschi che ha letteralmente catturato i ragazzi con la sua forza e lucidità. “Il fascismo c’è ancora – ha esordito – e dobbiamo resistere. Non è solo una dottrina, un partito, una camicia nera o un saluto romano. Il fascismo è un modo di vivere, una mentalità. E’ arrendersi per amore del quieto vivere o di una carriera. E’ la verità che viene falsata, ridotta, tradita resa strumento per i propri fini”.
L’ultima aquila randagia ha raccontato anche la propria storia di partigiano a partire da quando un compagno ferito con le Ss che incompevano sul rifugio gli si presentò con la pistola chiedendo di essere ucciso per evitare di correre il rischio di tradire i compagni: “E’ stato il momento più difficile della mia vita partigiana – ha spiega Barbareschi – alla fine siamo scappati con il ferito con una barella costruita al momento. E ci siamo salvati tutti. Qualsiasi codice ci avrebbe permesso di uccidere quella creatura come estrema difesa, ma era un uomo. E l’uomo va sempre rispettato“.
All’età di 92 anni don Barbareschi rilancia un appello al momento politico e ai giovani:”Io ho rischiato molto e l’ho fatto perchè credevo che aiutare gli altri in qualsiasi circostanza fosse la cosa più bella e l’unica che dava un senso alla vita. Oggi non rischia più nessuno. Nessuno si mette più in gioco per amore delle libertà si preferisce stare seduti e pensare alla carriera”. L’amore per la libertà è proprio il valore assoluto che don Barbareschi ha trasmesso ai ragazzi: “E’ vero che sono un religioso – ha spiega – ma tra essere santo ed essere libero, io preferisco essere libero”.
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27012014