Visto da Varese: Lavoro in provincia, nel terziario il maggior numero degli occupati
di EZIO MOTTERLE
Varesotto sempre più culla del terziario. Dopo i tempi della civiltà agricola e lo sviluppo del sistema industriale, è oggi il settore dei servizi ad assorbire la quota maggiore di occupati (55%), più della metà dei 261.832 addetti inseriti nel sistema produttivo provinciale. Non che l’industria abbia ceduto il passo: nell’analisi diffusa in questi giorni dalla Camera di commercio si rileva infatti che nonostante le perdite dovute alla lunga crisi, il settore secondario resta un catalizzatore d’occupazione fondamentale per il territorio, con 93mila addetti, pari al 36% del totale, concentrati soprattutto nel metallurgico, nel tessile e nell’elettronica. Le costruzioni occupano 20.200 persone (8%), ma appunto oltre la metà del lavoro si concentra nel comparto dei servizi, che conta complessivamente 145.500 addetti. Pesa molto il settore commerciale dove sono impiegati 48.800 lavoratori (19%) mentre gli altri ambiti danno un impiego a 96.700 persone (37%), occupate anzitutto nella ristorazione e nei trasporti, oltre che in sanità e servizi alla persona. Da considerare infine anche i quasi 3mila addetti dell’agricoltura, settore comunque oggetto negli ultimi anni di un notevole rilancio anche sulla base della riscoperta di molte produzioni tipiche locali. L’occupazione in ogni caso sta registrando un miglioramento dalla fine del 2014, seppur con un’intensità differenziata. Nel quinquennio dicembre 2012-2017 il calo di lavoratori si limita all’1,5% (3.900 addetti in meno), determinato dalle flessioni consistenti proprio nel settore secondario: l’industria manifatturiera ha perso oltre 5.100 addetti (-5,2%) e anche le costruzioni hanno mostrato un regresso rilevante (-18,5%, pari a 4.600 addetti). Invece nello stesso periodo l’occupazione nei servizi è cresciuta di 5.800 unità (+4,1%), consolidando la io tendenza verso questa direzione dell’economia varesina. Entrando nei dettagli, nel manifatturiero si rilevano settori con perdite occupazionali molto consistenti (dal tessile-abbigliamento con un calo del 15%, alle macchine elettriche e elettroniche con un -11%, ai mezzi di trasporto col -10%), ma ci sono andamenti positivi nell’alimentare (+5%) o nella metalmeccanica e chimica-plastica.Tornando ai servizi, performance particolarmente positive si sono registrate nell’istruzione, sanità e assistenza (+20%), nell’informatica, telecomunicazioni e media (+13%), nella ricettività e ristorazione (+11%), nei servizi avanzati alle imprese (+8%) e nelle attività culturali e sportive (+6%). Quanto al livello di istruzione, cresce l’esigenza per gli aspiranti lavoratori di averne uno il più possibile elevato: le imprese cercano soprattutto (36%) personale con diploma e ormai molto spesso, anche per gli operai, il solo titolo di scuola dell’obbligo non è più ritenuto sufficiente (all’80% si chiede se non il diploma almeno la qualifica professionale). E solo nel 18% dei casi si assumono lavoratori senza uno specifico titolo di studio.