Indelicato: “Dalla Chiesa politicamente corretta liberaci, o Signor”
“In breve, i fatti. Lo scorso 26 ottobre, parlando ai microfoni di Radio Maria, il padre domenicano Giovanni Calvalcoli dichiara tra l’altro, a proposito del terremoto del 6 ottobre: “Questi disastri sono una conseguenza del peccato originale, queste offese alla famiglia e alla dignità del matrimonio, le stesse unioni civili”. Segue la condanna di Mons. Giovanni Angelo Becciu, ricoprente carica di Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, il quale dichiara che le affermazioni del Cavalcoli sono : “datate al periodo precristiano e non rispondono alla teologia della Chiesa perché contrarie alla visione di Dio offertaci da Cristo” (citazioni da “Il fatto quotidiano” 4.11 u.s.). Segue, a guisa di rampollo, la dissociazione del direttore di radio Maria Padre Livio il quale, ormai avvezzo a tali operazioni, scarica subito il Cavalcoli definendolo un “conduttore esterno” le cui parole non rispecchiano la linea dell’emittente radiofonica.
Premesso che è sempre arduo – a dir poco – penetrare nella mente divina e scoprirne i disegni (viene in mente Fra’ Cristoforo che indica a Renzo Don Rodrigo morente, e lo ammonisce dicendo: “tu vedi: può esser gastigo, può esser misericordia”) le reazioni sopra richiamate a quanto affermato da padre Calvalcoli sembrano davvero sopra le righe.
Il padre domenicano non aveva affermato un legame diretto fra terremoto e unioni civili, come poi hanno rimproverato i facili censori, piuttosto un legame fra terremoto e quel disordine morale che, originandosi dal peccato originale, investe tutta l’umana vicenda, individuale come sociale. Di questo disordine per il domenicano è parte, ma parte di un tutto, anche l’istituzione delle unioni civili.
Bene, contrariamente a ciò che afferma Mons. Becciu, questo assunto non è “datato al periodo precristiano” ma è dottrina costante della Chiesa, dottrina che ha trovato il suo più autorevole esponente nel Sant’Agostino del “De civitate Dei”.
Che poi la mentalità laicistica rifiuti questo tipo di interpretazione, è ovvio e risaputo, ma mi piacerebbe chiedere a Mons. Becciu che cosa mai dovrebbe rispondere un povero prete o un povero monaco quando gli si chiede un parere su un evento quale il terremoto, un maremoto o simile sciagura. Non dovrà egli inquadrarlo nel piano generale della Provvidenza, sia pure con la dovuta cautela? Oppure ci si aspetta che risponda con gli strumenti della geofisica, dando una spiegazione in termini puramente immanentistici, come lo farebbe uno scienziato interrogato da Piero Angela?
Ciò che meraviglia e addolora, insomma, è il constatare come autorevoli esponenti della Chiesa ormai, nel loro eloquio quotidiano, non usino le parole della Dottrina, ma piuttosto quelle parole che il mondo si aspetta e comanda che dicano.
Quel mondo che ammette solo un cristianesimo edulcorato e buonista, e sacerdoti travestiti da sociologi.
07112016