In manette anche imprenditori e poliziotti: i risultati delle indagini dei carabinieri

SARONNO – Mentre sottraevano alla propria azienda beni e fondi per evitare di versare 5,5 milioni al fisco due imprenditori intrattenevano rapporti con un’organizzazione con la quale erano entrati in contatto chiedendo protezione dopo essere stati vittime di un’estorsione. Un rapporto che riuscivano a portare avanti anche grazie alle informazioni e ai canali privilegiati che avevano grazie ai favori, pagati con denaro e beni, che ottenevano da quattro pubblici ufficiali due in servizio a Malpensa e due alla Questura di Como.
E’ il quadrato tratteggiato dal procuratore capo Gianluigi Fontana e dal sostituto Pasquale Addesso nel primo pomeriggio nella conferenza stampa a Busto Arsizio in cui sono stati presentati i risultati della maxi operazione “Free ‘pass” realizzata nella notte dai carabinieri della compagnia di Saronno guidati dal capitano Giuseppe Regina e dal maresciallo Salvatore Carrà.
DALL’ESTORSIONE ALLA COLLUSIONE
Sono i risultati di un’indagine durante oltre un anno ed avviata come costola della prima operazione San Marco che due mesi fa ha permesso di sgominare una banda dedita all’estorsione e alla falsificazione di revisioni d’auto. I carabinieri hanno scoperto un’estorsione di 38 mila euro ai danni di un fratello impegnato nell’azienda di famiglia la Gisowatt di Gorla Minore. In sostanza all’imprenditore era stato chiesta un’elevata somma di denaro per saldare un debito. Per non pagare si era rivolto ad alcuni malviventi senza sapere che facevano parte della stessa organizzazione che gli aveva chiesto i soldi. Si tratta di un gruppo legato, per l’attività di alcuni membri e per i metodi, all’ndrangheta come confermato dal procuratore capo Fontana.
SOLDI E IMMOBILI IN FUGA DAL FISCO
Nel corso delle indagini i carabinieri hanno scoperto anche i due imprenditori stavano lentamente impoverendo l’azienda di famiglia con la creazione di un’immobiliare e la trasformazione della spa in un’srl, con un capitale sociale nettamente inferiore, poi intestata alla madre 80enne. Questo filone d’indagini è stato seguito dalla guardia di Finanza. Secondo la ricostruzione del tenente colonnello Giuseppe Fugacci tutto sarebbe iniziato in seguito ad alcuni accertamenti svolti dalla Finanza che avevano riscontrato violazioni per mancati versamenti Inps per 2,5 milioni di euro e Iva per tre milioni di euro realizzati con false documentazioni relative a vendite di merce in Polonia (accertati anche con la collaborazione dell’agenzia delle dogane).
Per non versare i 5,5 milioni di euro i due fratelli con l’aiuto di due commercialisti, al momento ai domiciliari per il sostegno garantito nell’attuazione del progetto, hanno spogliato l’azienda delle proprie risorse e dei propri asset. E’ seguita, infatti, la creazione di una società immobiliare che ha fatto uscire dal patrimonio azienda immobili per 4 milioni di euro e il passaggio della società da spa a srl con una riduzione del capitale da 1,4 milioni a 106 mila euro. Operazioni che hanno provocato un danno anche ai creditori oltre che all’erario.
INFORMAZIONI E CORRIDOI PROTETTI
Secondo quanto emerso dalle indagini gli imprenditori avevano un “corridoio privilegiato” esente da controlli all’aeroporto di Malpensa. Qui arrivavano persone e denaro utili per l’attività dei due fratelli o per la loro vita privata visto che ad usufruire di questo “free pass” era anche la fidanzata brasiliana di uno dei due. Il sistema di corruzione, basato su denaro e beni in cambio di favori, coinvolgeva anche due poliziotti della Questura di Como che fornivano informazioni prelevate da database italiani e svizzeri.
Ad essere coinvolti un ispettore all’aeroporto di Malpensa e un ispettore e un sovrintendente della Questura di Como e un assistente ora trasferito a Brindisi ma all’epoca dei fatti in servizio alla Questura di Varese. Per tutti l’accusa è di corruzione aggravata per atto contrario ai propri doveri d’ufficio a cui si aggiungono quella di falso ideologico per quello in servizio a Malpensa e alla questura di Varese rivelazione di segreti in atti d’ufficio per due comaschi. Per tre poliziotti si sono aperte le porte del carcere mentre il quarto, recentemente trasferito da Varese a Brindisi, ha l’obbligo di firma. Uno dei tre arrestati era già in carcere per reati analoghi scoperti una settimana fa dalla procura comasca.
A carico degli imprenditori sono state mosse diverse accuse: corruzione per le vicende legate ai favori per denaro con i poliziotti, sottrazione fraudolenta e tentata truffa ai danni dello stato per la vicenda che riguarda la vicenda della Gisowatt.
L’ATTIVITA’ DELL’ORGANIZZAZIONE
Le indagini sull’organizzazione continueranno anche nelle prossime settimane: i militari hanno trovato le prove di un’attività di estorsione e di quella di usura, ai danni di un commerciante garbagnatese a cui venivano chiesti interessi esorbitanti che potevano arrivare nel giro di poche settimane al 100 per cento del capitale iniziale. Confermata anche l’attività di spaccio di droga. Non mancano i legami con la banda sgominata con l’operazione San Marco a partire da un secondo membro della famiglia Tripepi.
“Voglio sottolineare che al di là della corruzione – ha rimarcato il procuratore capo Fontana – il dato rilevante ed allarmante è che abbiamo il caso da manuale di un imprenditore che diventa colluso invece di rivolgersi alle forze dell’ordine. Non è una bella cosa per la nostra provincia”. Un concetto ripreso anche dal sostituto procuratore Pasquale Addesso: “C’è un importante elemento di novità rispetto agli episodi già scoperti due mesi fa: non solo la collusione con gli estorsori ma anche il fatto che l’imprenditore mettesse al servizio dell’organizzazione criminale una serie di connivenze e conoscenze di cui godeva come incensurato”.
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14052014